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Gli endocannabinoidi, molecole endogene con attività cannabimimetica

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Gli endocannabinoidi, molecole endogene con attività cannabimimetica

Vincenzo Di Marzo1 e Luciano De Petrocellis 2
1Istituto per la Chimica di Molecole di Interesse Biologico e 2Istituto di Cibernetica
Consiglio Nazionale delle Ricerche
Via Toiano 6, 80072 Arco Felice (NA), Italia

Cenni storici

Gli studi sul possibile meccanismo d'azione dei derivati della Cannabis e, di
conseguenza, sulle potenziali applicazioni terapeutiche di questi ultimi, hanno subito un'improvvisa accelerazione con la scoperta di specifici recettori per il THC nonchè di ligandi endogeni per tali proteine. Sono stati caratterizzati finora due tipi di recettori per il THC e i suoi derivati sintetici: il recettore CB1, prevalentemente espresso nel sistema nervoso ed in alcuni tessuti periferici, scoperto nel 1990 (1), e il recettore CB2, identificato finora solo in cellule del sistema immunitario dei mammiferi, individuato per la prima volta solo nel 1993 (2). Alla scoperta del recettore CB1 ha fatto immediato seguito, nel 1992, l'isolamento, dal cervello di maiale, del primo metabolita endogeno in grado di legarsi selettivamente a tale proteina. Si trattava dell'amide tra l'acido arachidonico e l'etanolammina, due componenti ubiquitari delle membrane cellulari animali, che venne chiamata anandamide dalla parola Sanscrita ananda per 'stato di grazia' (3). Successivamente furono isolati, ancora dal cervello di maiale, altri due analoghi strutturali dell'anandamide (4), mentre un'altro tipo di molecola, appartenente alla classe degli intermedi metabolici noti come monoacilgliceroli, fu identificata in tessuti periferici e proposta come ligando del recettore CB2: il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG). In seguito venne scoperto che mentre l'anandamide e i suoi analoghi attivano preferenzialmente il recettore CB1 (5), il 2-AG, che è presente anche nel cervello dei mammiferi (6), può attivare indifferentemente entrambi i tipi di recettori per il THC (7).



La scoperta di recettori per il THC e di molecole endogene in grado di attivare
tali proteine, simulando così in gran parte i tipici effetti psicotropici (e non) della Cannabis, dimostrava l'esistenza di un sistema cannabinoide endogeno il cui ruolo fisiologico è ancora materia di dibattito, ed il cui studio futuro potrà portare a comprendere i meccanismi molecolari che sono alla base dell'abuso di preparati della canapa indiana, e a sviluppare, sulla base delle ben note proprietà terapeutiche di tale pianta, nuovi farmaci ad alto potenziale terapeutico per la cura di malattie del sistema nervoso, immunitario e cardiovascolare.


Biosintesi ed inattivazione degli endocannabinoidi.

Se molecole endogene svolgono un ruolo quale mediatori di risposte fisiologiche, devono esistere nelle cellule vie biosintetiche regolabili, cioè meccanismi molecolari in grado di sintetizzare tali sostanze al momento e nel luogo opportuno. Inoltre, il segnale chimico portato da tali molecole deve poter essere terminato, qualora la sua funzione biologica si esaurisca, attraverso vie cataboliche anch'esse regolabili. Il coinvolgimento degli endocannabinoidi nella modulazione di funzioni fisiologiche sia a livello del sistema nervoso che in tessuti periferici è oggi confermato dalla scoperta di specifici meccanismi biosintetici e degradativi (8, 9). Sia l'anandamide che il 2-AG vengono prodotti a partire da precursori biosintetici fosfolipidici e inattivati mediante ricaptazione da parte delle cellule e successive reazioni di idrolisi e/o esterificazione. In particolare, l'anandamide viene prodotta dall'idrolisi dell'N-arachidonil- fosfatidiletanolammina (NArPE), processo catalizzato da una fosfolipasi di tipo D (10). Il NArPE, a sua volta, viene prodotto dalla N-trans-acilazione della fosfatidiletanolammina ottenuta prelevando una funzione di acido arachidonico dalla posizione sn-1 di altri fosfolipidi (11). Quest'ultima reazione è attivata dagli ioni calcio. Il 2-AG viene invece prodotto dall'idrolisi enzimatica ed enantioselettiva di diacilgliceroli attraverso l'enzima sn-1 diacilglicerolo lipasi (11-13). I diacilgliceroli utilizzati come precursori biosintetici del 2-AG possono essere ottenuti, a loro volta, dall'idrolisi sia del fosfatidilinositolo (13), catalizzata dalla fosfolipasi di tipo C, sia dell'acido fosfatidico (14), catalizzata da una specifica fosfoidrolasi. Questi meccanismi biosintetici differenziano gli endocannabinoidi da altri neuromodulatori quali l'acetilcolina, il glutammato, la noradrenalina, che vengono pre-sintetizzati e conservati in vescicole secretorie. Tali vescicole, quando la cellula viene stimolata, rilasciano all'esterno il loro contenuto. L'anandamide e il 2-AG, invece, vengono sintetizzati a partire dai loro precursori fosfolipidici, contenuti presumibilmente nella membrana cellulare, solo quando la cellula è stimolata, ad es. dall'ingresso di ioni calcio, e solo allora vengono rilasciati all'esterno della cellula. Tale meccanismo rende gli endocannabinoidi simili ad altri derivati bioattivi dell'acido arachidonico, quali le prostaglandine. Una volta sintetizzati, gli endocannabinoidi si legano ai recettori del THC presenti su cellule limitrofe o sulla stessa cellula che li ha prodotti, comportandosi così come mediatori autocrini o paracrini. Infatti, la loro natura chimica estremamente poco idrosolubile ne impedisce la facile diffusione nella matrice extracellulare o nel sangue. Il legame con i recettori CB1 o CB2, e il successivo inizio di eventi di trasduzione del segnale cannabimimetico, quali, ad es., l'inibizione della formazione di AMP ciclico o dell'ingresso di ioni calcio nella cellula, è alla base dell'azione biologica degli endocannabinoidi, la terminazione della quale viene effettuata mediante i seguenti meccanismi: a) ricaptazione da parte delle cellule, che nel caso dell'anandamide viene facilitata da trasportatori di membrana, b) idrolisi enzimatica, c) riesterificazione dei prodotti dell'idrolisi in fosfolipidi di membrana (10, 11, 15). Il 2-AG, inoltre, viene anche riesterificato prima della sua idrolisi enzimatica (15). L'enzima che catalizza l'idrolisi dell'anandamide è stato caratterizzato e denominato 'fatty acid amide hydrolase' (16). In alcune condizioni tale enzima catalizza anche l'idrolisi del 2-AG (15, 17), per il quale, comunque, esistono anche altre 'idrolasi' più o meno selettive. Sono stati individuati inibitori specifici dell'inattivazione degli endocannabinoidi, sia al livello dei sistemi di ricaptazione (18-20), che per quanto riguarda gli enzimi idrolitici (21-23). Tali molecole possono servire da base per lo sviluppo di nuovi agenti terapeutici da utilizzare per il trattamento di quelle patologie causate o peggiorate da un'eccessiva espressione dei meccanismi di inattivazione o un difettoso funzionamento dei meccanismi biosintetici degli endocannabinoidi.


Possibile ruolo fisiopatologico degli endocannabinoidi

Benchè l'attività farmacologica in vivo ed in vitro degli endocannabinoidi, e in particolare dell'anandamide, sia stata oggetto, negli ultimi 6 anni, di numerosissimi studi (8, 9, 24), solo in pochi casi si è potuto mettere in relazione la sintesi di tali composti nei tessuti con l'intervento di particolari situazioni fisiopatologiche. Sembra ormai chiaro, comunque, che l'anandamide viene prodotta quando la cellula subisce danni più o meno gravi, prodotti ad es., da un eccessiva concentrazione intracellulare di calcio (25). Anandamide e 2-AG vengono prodotte, rispettivamente da macrofagi e piastrine, durante stati ipotensivi seguenti a shock emorragico e endotossinico (26, 27). I livelli di anandamide nell'utero di topo aumentano notevolmente durante la gestazione quando l'organo è meno recettivo all'attecchimento dell'embrione (28). L'attivazione immunologica di mastociti porta ad una stimolazione della sintesi di anandamide (29). Questi dati, assieme alle osservazioni farmacologiche che hanno rilevato per tali metaboliti un comportamento analogo a quello dei preparati della Cannabis, sembrano suggerire che gli endocannabinoidi vengono prodotti per proteggere l'organismo da danni causati da varie situazioni patologiche, esercitando azione anti-ossidativa, ipotensiva, immunosoppressiva, antiinfiammatoria e, in particolare, antidolorifica (30). Inoltre, la distribuzione dei recettori dei cannabinoidi nel cervello (31) suggerisce per gli endocannabinoidi anche un ruolo fisiologico nel controllo del movimento e della percezione, nell'inibizione dei processi di apprendimento e memoria, nel rafforzamento dell'azione degli oppioidi, nonchè nella regolazione di stati emotivi quali il piacere e l'aggressività. E' possibile ipotizzare per tali molecole una funzione 'anti-stress' simile e complementare a quella esercitata dalle endorfine sia a livello 'centrale' che periferico (8). Infine, studi più recenti stanno approfondendo un possibile coinvolgimento del sistema endocannabinoide nel controllo della proliferazione di cellule tumorali (32). Indubbiamente, ancora numerosi sforzi saranno necessari per individuare il ruolo fisiopatologico degli endocannabinoidi. Dal successo di tali sforzi dipenderà anche il possibile sviluppo di nuovi farmaci utili nel trattamento di alcuni disturbi del sistema nervoso, immunitario e cardiovascolare per i quali esistono ancora rimedi poco efficaci. Il disegno di nuove molecole con attività selettiva per il recettore CB2, o di sostanze che non siano in grado di oltrepassare la barriera emato-encefalica, potrebbe consentire l'ottenimento di farmaci privi degli indesiderati effetti psicotropici della Cannabis.

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