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L'appetito vien fumando marijuana
Medicina delle Tossicodipendenze

Internet: http://www.publis.net/marijfood.htm#mdt

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Mauro A.M. Carai e Giancarlo Colombo
(Ricercatori, Centro per la Neurofarmacologia
del CNR e Dipartimento di Neuroscienze dell' Università di Cagliari)

A partire dal 1965 l'osservazione che i THC (tetraidrocannabinoli o cannabinoidi, principi attivi dell' hashish e della marijuana) erano capaci di stimolare l'appetito inizia ad essere riportata in numerosi studi . Nel 1970 vengono pubblicati su Nature i risultati di una ricerca condotta negli USA su un campione di 153 persone consumatrici abituali di marjuana. I giovani californiani costituenti il campione descrivevano - tramite appositi questionari anonimi- gli effetti più comuni derivanti dall' assunzione di marijuana e, tra questi, riferivano di percepire modificazioni del gusto, un maggiore appetito, un aumentato piacere nel mangiare ed un intenso desiderio di dolci, soprattutto di cioccolato. Un successivo studio (1971) condotto su 100 consumatori di marijuana, riportava che il 96% di essi sperimentava un aumento dell'appetito e l'80% un desiderio improvviso di cibo dolce.
Negli anni successivi altri studi hanno confermato e ampliato quanto rivelato dalle prime indagini: non è tanto la quantità
di cibo assunta nei pasti principali che aumenta quanto piuttosto il numero di pasti e, in particolare, di spuntini (snacks) consumati durante le "occasioni sociali" piuttosto che durante le attività individuali. L'aumento di calorie quotidiano conseguente all'introduzione di cibo "supplementare" indotta dai THC viene stimato - dagli studi recenti .- essere circa del 40%.
La recente scoperta (1995) dell'esistenza nel cervello di recettori per i cannabinoidi e di sostanze endogene (cioè sostanze prodotte autonomamente dall'organismo) che a questi recettori si legano (meccanismo biologico tecnicamente chiamato "sistema neurotrasmettitoriale cannabinoidergico") ha consentito la sintesi di numerosi farmaci che potenziano o deprimono l'attività del sistema cannabinoidergico (ovviamente, i recettori per i cannabinoidi - così come i recettori cerebrali per gli oppioidi endogeni - non sono "messi lì" da madre Natura in attesa dei THC o, nell'altro caso, della morfina o dell'eroina; la loro funzione - complessa e non ancora del tutto chiarita- è quella di "agganciare" i cannabinoidi o gli oppioidi naturalmente prodotti dall'organismo e di attivare una risposta, spesso connessa ai sistemi naturali di resistenza al dolore fisico e psichico e di regolazione del tono dell'umore).
Grazie a questi farmaci attivi sui recettori cerebrali per i THC e sperimentati in vari laboratori di ricerca (tra i quali, in Italia, il Dipartimento di Neuroscienze dell' Università di Cagliari), è stato studiato sull'animale da laboratorio (ratto) il ruolo del sistema cannabinoidergico nella regolazione dell'assunzione di cibo e del peso corporeo. Nel ratto, la somministrazione di delta-9-THC o di farmaci stimolanti (agonisti) i recettori dei THC, stimola, in accordo con i precedenti studi clinici condotti sugli umani, l'assunzione di cibo. Nelle due ore successive alla somministrazione dell'una o dell'altra sostanza il ratto assume una quantità di cibo quattro volte superiore a quella consumata dal ratto cui viene somministrata una sostanza placebo (cioè una sostanza inerte, che non produce alcun effetto sull'organismo che la assume).
Viceversa, la somministrazione, una volta al giorno per 14 giorni, di un farmaco deprimente (antagonista) l'attività dei recettori dei THC provoca una riduzione del consumo di cibo del 40-50 % e del peso corporeo rispetto ai ratti trattati con placebo. Questa azione anoressizzante (cioè deprimentre dell'appetito) scompare però abbastanza in fretta: nell'arco di 4-5 giorni di trattamento il consumo giornaliero di cibo del ratto trattato si equipara a quello del ratto non trattato mentre il peso corporeo risulta ridotto per tutta la durata del trattamento, anche quando il consumo di cibo ritorna normale.
Questi esperimenti aiutano i ricercatori a chiarire il ruolo del sistema cannabinoidergico nel controllo dell'appetito, del peso corporeo e del metabolismo energetico, fornendo informazioni preziose per la definizione di terapie utili in disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia ed obesità.

 

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