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V’ha qualcosa di peggio …
Cesare Lombroso, L’uomo di genio, 1892

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V’ha qualcosa di peggio … Flemming e Demaux dimostrarono come non solo i bevoni trasmettono ai loro figli la disposizione ad impazzire o a commettere delitti, ma persino i genitori sobrii, che diedero luogo ad un concepimento durante una breve e momentanea ubriachezza, ne conseguirono figli o epilettici, o paralitici, o pazzi, o idioti, e specialmente microcefali o con una debolezza straordinaria, che alla prima occasione si trasforma in pazzia; per cui un solo bacio, concesso in un momento di ebbrezza, può divenir fatale ad un’intera generazione.
Cesare Lombroso, L’uomo di genio, 1892


Non so a chi sia mai capitato di accompagnare la propria compagna dal ginecologo. È un’esperienza che consiglio a tutti i maschietti. La prima sensazione è di disagio, un “che ci faccio io qui” di difficile soluzione, le altre donne ti guardano sospettando, a seconda della tua età, una speranza di paternità o una disperazione per lo stesso motivo. Insomma un luogo antropologicamente stupendo.
Di recente in un’occasione di queste ho letto con attenzione tutti i metodi anticoncezionali esposti con dovizia di particolari e diagrammi. Una lettura istruttiva.

Cesare Lombroso, noto per aver sostenuto che delinquenti si nasce, mi ricorda che le alterazioni spesso si pagano. L’alcolista può diventare pericoloso, assai violento, l’eroinomane può diventare incapace di intendere, il cocainomane è anch’esso potenzialmente sovraeccitato (e quale miglior preludio alla violenza). Mi sono chiesto se non avesse ragione Lombroso a sostenere che l’uso di droghe è congenito, è una patologia ereditaria. D’altronde dopo 70 anni di ostracismo strutturalista la genetica inizia a sostenere (a torto o ragione) che alcuni comportamenti sono genici. Io non so se crederci.

Da una parte la spiegazione genica, Lombrosiana, farebbe tabula rasa di tutte le pretese rieducative di stampo fascista/stalinista, dall’altra però l’idea di essere incapace di decidere della propria vita ed essere frutto della sola casuale combinazione cellulare ci riduce ad automi.

Non è un problema da poco. La bioetica deve saperci dire non solo se sia giusto o meno usare cellule embrionali congelate, ma anche e soprattutto se ciò che facciamo è frutto di libero arbitrio o di un tiro a dadi del Destino.

Io che sono figlio di una minoranza (e per questo minorato) so che l’atavismo vero e presunto diventa atavismo culturale. A forza di sentirsi dire di essere una diversa razza ci si crede e la razza e la cultura si confondono. Così la delinquenza da tara genetica (imposta) diventa tara culturale (scelta).
Se questo vale per una etnia lo stesso pericolo lo corre un comportamento. Lo stesso pericolo lo corre chi si sente dare del malato per un abitudine deviante (hic et nunc ovviamente), alla fine ci crede e inizia a comportarsi come tale.
Insomma se, come si sbraita, l’uso di canapa è una brutta malattia, essa non può che essere genetica, almeno che non scoprano il virus patogeno della sindrome del canapofilo.
Ciò significa che saremo sempre a rischio di ricovero coatto (magari nei moderni manicomi chiamati Comunità), saremo schedati come “malati”. Una brutta sindrome, subdola e strisciante, che colpisce milioni di adulti e rischia di essere trasmessa alle future generazioni.
Speriamo che non scoprano mai il gene THC nel nostro codice…

Doctor Schultes

 

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