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Animali che si drogano di Giorgio Samorini.
Telesterion 2000, pp.110 per £ 18.000

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"I gatti domestici, molti dei quali passano la vita intera senza mai aver visto una pianta di erba gattaia, stanno perdendo la capacità di percepire gli effetti di questa loro droga..." p. 42

Giorgio Samorini ancora una volta stupisce con la sua capacità di spostare l’angolo d’osservazione, dopo aver riscoperto l’approccio storico medico, ed in particolare le figure di Carlo Erba e Paolo Mantegazza, sbalordisce con la nuova etologia...



Che noi fossimo animali si sapeva, che noi discendessimo non da Adamo ma da una scimmia anche, e così logica vuole che se noi ci droghiamo lo facciano anche i nostri più prossimi parenti evolutivi: gli animali.



Un saggio, quello dell’etnobotanico bolognese, non solo rigoroso, come è suo uso, ma piacevole e leggero. Scorrono animali noti e meno noti: elefanti in crisi d’astinenza, manguste hawaiane ghiotte di semi di canapa, uccelli ubriachi, farfalle dedite alla datura... uno zoo tutto da scoprire.



Samorini gira la cinepresa, l’occhio abituato all’antropocentrismo sulle tossicodipendenze, vede ora l’intero mondo dedito all’assunzione di sostanze psicoattive.



Tutta la costruzione "patologica" della droga vacilla di fronte alle bestie, prive di libero arbitrio, che con naturalezza assumono alcaloidi psicoattivi senza per questo necessitare dell’assistenza di una comunità terapeutica. Come sempre più spesso accade, lo sguardo alla diversità biologica, non solo etnoculturale, allarga le nostre porte della percezione.



Qualcuno si chiederà a cosa serve drogarsi agli animali?



E soprattutto come facciamo noi a capire che una bestia sia drogata e non intossicata?



Lo scetticismo è per la scienza scomodo, d’altronde l’etologia che ha spiegato perché un gatto a digiuno si struscia sulle nostre gambe prima di mangiare, non dovrebbe aver problemi a spiegare perché lo stesso gatto cerchi l’erba gattaia per drogarsi.



Pare piuttosto che l’etologia, quella italiana in particolare, non abbia grande interesse a studiare tale tipo di comportamento ritenuto marginale.



Spigolando nella bibliografia ricordo che il mio professore della tesi diceva che dalla bibliografia si comprende più che dal testo. Oltre alle note esperienze di Lilly sui delfini, trovo alcune notizie che danno il peso dell’ampiezza culturale della ricerca, Valieri e la medicina napoletana, il pane selvaggio di Camporesi ed infine Tolstoj:



"Non è nel gusto, non è nel piacere, non è nello svago, né nell’allegria che risiede la causa dell’universale diffusione dell’hashish, dell’oppio, del vino, del tabacco, ma solamente nel bisogno di nascondere a se stessi le indicazioni dateci dalla coscienza"



una coscienza che ancora una volta Samorini aiuta a svelare.



Doctor Schultes

 

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